TOP RACES e PERSONAL BESTS

TOP RACES e PERSONAL BESTS
1) Sky Race Forni di Sopra (20 km, D+ 1.700 m): 2h 57' 38 '' (2007)
2) Maratonina Trieste (21 km): 1h 22' 23'' (2006)
3) Camignada poi sie' refuge - Misurina > Auronzo (30 km, D+ 1.319 m, D- 2.213): 4h 10' 06' (07/08/11)
4) Sky Race Monte Cavallo - Piancavallo (PN) - (20 km, D+ 1.650 m): 3h 54' 59'' (11/09/11)
5) Cavalcata Carsica 2011 - (50 km, D+ 1.000 m): 6h 07' (04/12/11)
6) Ecomaratona Clivius - Monteforte d'Alpone (VR) - (42 km, D+ 1.550 m): 4h 49' 12'' (22/01/12)
7) TCE (Traversata dei Colli Euganei) - Villa di Teolo (PD) - (42 km, D+ 2.000 m): 5h 37' 10'' (15/04/12) - link

RACES 2014
1) Coppa Gorizia - 1^ prova, Dobbia di Staranzano
2) Coppa Gorizia - 3^ prova, Aquileia

giovedì 17 agosto 2017

Il ritorno del lupacchiotto guerriero: puntata zero ed elucubrazioni in vista della Fisherman's Friend Strongmanrun



Rieccomi cari. E’ passato un po’ di tempo, ma sono ancora qui.
 “Aho... era ora! Ma che fine avevi fatto? Eravamo in pensiero...
Vabbé... ho avuto i miei cazzi... scusami...
Oggi trovo motivo e motivazione di scrivere dopo aver passato un periodo per molti aspetti un po’ complicato e turbolento; per certi versi esso persiste, ma credo che sia insito nella natura umana trovarsi ad affrontare difficoltà, resistere, reagire e superarle. Evoluzione è anche questo.
L’importante è non abbattersi… perché mentre oggi può essere tutto nero, domani quel nero esteso potrebbe diventare un mero ed insignificante puntino al cospetto del colore che lo circonda.
Questo post lo scrivo come premessa a quello che verrà in futuro. Chissà se troverò motivazione per completare l’opera o se rimarrà incompiuta…
Ma che stai addì??
Si hai ragione. Non esiste un capo ed una coda… ci si pone degli obiettivi nello sport e nella vita, ma non si può mica dire che “l’opera” ha una fine (o un inizio)…
ah ecco, hai capito”.
Già. Allora vediamo quale obiettivo mi sono posto nel prossimo futuro.
In un post precedente (LINK) vi ho snocciolato tutta la mia carriera sportiva. Di recente ho fatto un po’ il fannullone… limitandomi a contenere la panza che avanza il più possibile senza cercare di cambiare troppe taglie di vestiti e fare nuovi buchi alla cintura. Ci sono riuscito discretamente; solo che si arriva ad un punto imbarazzante in cui ti dici… ok, torniamo in forma… ci provi: corsetta lunedì… corsetta mercoledì… e poi corsetta… boh… basta. Son stufo. Ecco.
Dopo anni di mini vacanzine, quest’anno ho deciso di farne una seria. Islanda. Era dall’università che ci pensavo a quella terra stupenda. Non vi sto ora a raccontare le meraviglie della Natura che ho visto (in caso chiedetemi in separata sede o guardate le foto sul mio profilo instagram @il_mansu_ )… sta di fatto che sono rientrato con gli occhi ed il cuore colmi di bellezze. In più, il gruppo di ragazzi con cui sono andato è stato per me uno degli incontri più belli mai fatti nella mia vita. C’ho lasciato il cuore in Islanda… ed un pezzo appartiene anche a quegli amici che spero di rivedere presto.
ok ciccio… ma torniamo a noi… sto obiettivo??
Hai ragione… ma la premessa era d’obbligo caro. Dunque, dicevo che di sport ne ho fatti parecchi… e nel tempo si sono evoluti verso quel qualcosa di più selvaggio… dalle corse su strada alla corsa in natura, dall’arrampicata in palestra a quella in falesia… insomma una ricerca di maggior libertà sia del gesto che nell’ambiente dove avviene.
Per il mio “ritorno” all’attività, incuriosito dalla proposta di un amico che ho conosciuto in Islanda, parteciperò al Fisherman’sFriend Strongmanrun a Rovereto: un percorso ad ostacoli da ripetere due volte per un totale di 20 km. L’anno scorso c’erano circa 2500 persone. La sfida mi ha acchiappato subito. Iscrizione fatta e "allenamenti iniziati". Si va cari! Si va!
Ora è tutto in funzione di quella corsa. No non la prendo troppo seriamente, solo che mi piace l’obiettivo e il fatto che ogni tipo di allenamento sarà finalizzato a quell’evento…
Rispetto a quanto fatto in “carriera”, la Strongmanrun è un qualcosa di non convenzionale che sta prendendo sempre più piede e destando interesse tra la gente di tutte le età; essa coniuga infatti la mera azione fisica, al divertimento… individuale o di gruppo. Si tratta di un evento non competitivo che lo si può prendere con serietà per tentare di primeggiare sugli altri concorrenti così come una divertente azione di squadra.
… maaa e sti allenamenti?? Ti alleni con metodo o alla cazzo come al solito?
La seconda che hai detto.
O meglio. Fermo restando che allenarsi con metodo e programmazione paga molto, nel contesto più godereccio di questi eventi… dove nemmeno non ho particolari velleità competitive, preferisco allenarmi a sensazione.
L’allenamento dovrà consistere comunque in una buona base aerobica e di resistenza alla corsa prolungata (ricordo che son 20 km… interrotti da diversi ostacoli). Nel mezzo sarà necessario usare le doti, mai sopite ma dormienti, di arrampicata, ginnastica artistica, nuoto ecc…  per saltare, stare in equilibrio, tirarsi su, nuotare, strisciare, correre… insomma tutta una commistione di abilità che bene o male ho acquisito e che stanno al momento dormendo da qualche parte dentro di me nell'intramuscolo e nell'intracervello.
Nei giorni scorsi ho fatto un po’ di allenamento di corpo libero… quindi salto con la corda, piegamenti, flessioni, posizioni trattenute come è tanto di moda, trazioni ecc. E tutto con il peso del mio corpo, no pesacci di ghisa... che poi mi cadono e mi scheggiano le mie bellissime piastrelle!
Oggi corsa in carso.
Meravigliosa corsa… sensazioni molto buone devo dire. Il carso dietro Monfalcone, tra salitelle e sentieri dentro il bosco, a volte diventa il mio parco giochi dove trovo la concentrazione e l’isolamento necessario… oltre che bellissimi paesaggi e meravigliose manifestazioni naturalistiche come ad esempio d’autunno il rossore del sommaco o i tramonti in ogni periodo dell’anno.
Oggi ce n’era uno stupendo... sono arrivato in cima al "monte"... stravolto dal caldo e grondante di sudore dopo una salita che non facevo da tempo... mi sono acquattato sulle gambe... e mi son messo a guardare... a guardare... e certe volte sei talmente immerso in quella bellezza che non ti accorgi che ti stanno scendendo delle lacrime per l'empatia con l'universo.
Il ritorno dalla corsa... s'è fatto sul serio stavolta.

lunedì 10 novembre 2014

MMT, LA 100 MIGLIA DEI MAGREDI: L'AVVENTURA DI MICHELE PIATTO

Il giorno prima esco dalla fabbrica, mi siedo sotto un cespuglio e osservo il pane, le lenticchie ed i pomodori che mi ero portato da casa. Appoggio il caffè a terra, me ne voglio stare un po’ da solo ed in silenzio.
Penso alla gara che mi aspetta. 100 miglia, si chiama 100 miglia ed in italiano si traduce in 160 chilometri…in montagna, di notte, di giorno, di notte. Sono previsti 7800 metri di dislivello, 7800 su e 7800 giù. E non mi spaventano. E vorrei farli subito, per evitare di dover passare un’altra notte rigirandomi sul letto… pensando. Il meteo è buono e guardo il Carso, guardo a nord.
Tempo magnifico per correre.
Il San Michele è là, lo osservo con calma. Monte di morte per molti, per me è allenamento, ne ho rispetto e lui mi restituisce forza.
Sono già le 18:00 e siamo sulla linea di partenza. “Sogna in grande e osa fallire”. Sento lo sparo, e partiamo.
In un baleno usciamo da Vivaro ed entriamo in campagna. E subito dopo entriamo nei Magredi. I luoghi mi sono famigliari, ci sono stato a giugno in questi posti, faceva molto caldo, era un’altra cosa. Guardo attorno a me. Il tempo si ferma e mi rendo conto della fortuna che mi è capitata.
Tommaso mi ha chiamato martedì: “Vuoi il pettorale per la MMT100? Sono reduce del Tor e del Trail degli Eroi e le mie ernie chiedono un’attimo di rispetto e pace”. Ho accettato, irrazionalmente ho ascoltato il mio IO , quello che ho dentro, Lui sapeva che potevo farcela. Tommaso: “che ritmo tieni in una 80 in piano?”
Io: “mai fatta, il mio massimo è stata la Cormorultra di 3 anni fa”. Ma non voglio dire di più, magari Tommaso cambia idea. Sono sereno anche se non sono mai riuscito a correre in Luglio ed Agosto, era già tanto riuscire a mangiare e dormire… la separazione da Cristina è stata molto pesante. È stata dura, non voglio pensarci.
Irrazionalmente ho accettato perché sapevo che la possibilità di farcela era dentro di me. Il mio spirito primordiale me lo diceva, semplice no? Mi guardo attorno, steppa. A nord le montagne. Adoro questi posti. Sono fortunato e mi sento sereno… e felice. La corsa è lenta e mai faticosa.
Dentro di me riecheggiano i Litfiba, Vento: “Sono libeeroo, come il ventoo! Libeeroo!” Canto, dentro me. E ancora penso a Giovanni Lindo Ferretti: “a volte l’infelicità può essere preziosa” ed è vero, l’infelicità dei mesi precedenti mi ha spinto qua…
Si viaggia con le gambe, con la mente. Mi ritrovo a correre nel buio, il sole ci ha lasciati da un po’. Tardo l’accensione della frontale il più possibile, mi piace così tanto quel momento eterno in cui gli occhi si abituano all’oscurità, sembra di essere dei piccoli animali indifesi di fronte al cielo, sempre più scuro.
Arriviamo sul Cellina e lì mi ricordo di Maurizio che mi aveva detto quella cosa del sasso tondo. Lo cerco, sul greto del fiume asciutto da sempre. Deve essere abbastanza piccolo da stare in bocca e devo “sentirlo”. Mi fermo e lo cerco. Molti mi sorpassano, forse pensano che abbia perso qualcosa. Alla fine lo trovo. Un sasso tondo, piccolo ed energetico. Me lo guardo, lo metto in bocca e allargo le braccia, mi servirà per mettermi in sintonia con l’ambiente circostante ed in effetti così sarà.
Prima rampa, vado su, è ripida. Arrivo al ristoro, c’è Raffaella, non sapevo della sua presenza ed è bello che sia rimasta ad aspettarmi. La vedo un po’ preoccupata, forse pensa che sia in coda al gruppo per le mie difficoltà. In verità sto controllando, devo arrivare a Piancavallo riposato e non stanco.
È uno dei consigli che Tommaso mi ha dato, assieme a indicazioni su come e cosa mangiare e su come affrontare una possibile crisi: “Avrai delle crisi, forse, siediti. Rilassati e se devi mollare individua un punto preciso, più avanti in cui farlo: tipo tra due Control Point. Quando sei lì fatti una domanda: Vuoi ancora mollare? Non riesci a farne ancora un paio? La gente che abbandona crolla, dice Basta! Rompi quel meccanismo negativo, dai al tuo cervello la possibilità di modificare il pattern: questo lo fai allontanando l’uscita….Allontanandola all’infinito ma in tratti ben definiti e misurabili. Inganna il tuo cervello!”, Tommaso mi ha regalato ben più che un pettorale.
La sosta al ristoro è essenziale, mangio delle mandorle, saluto e riparto. C’è una salita e poi una lunga discesa non segnalata dalla mappa… Ma è balisata, per cui siamo ancora sul percorso, non vi sono dubbi. Le persone che sono davanti a me non mi piacciono, sento il loro respiro aggressivo ed affannato e le passo, fino ad accodarmi con due corridori che invece avverto come piacevoli.
Parlano di lavoro, ad Oslo, a Trieste, e precedenti 100 miglia… compagnia piacevole, il tempo scorre… Arriviamo in costa alla montagna. Alla nostra sinistra c’è tutta la pianura friulana. Mille luci tremolanti per l’aria umida e calda che sale nella notte blù. Silenzio interrotto solo da qualche rumore che arriva dalle valli. Non si capisce perché certi rumori siano così chiari mentre altri appaiono indistinti.
Comunque, grande pace interiore.
Il rumore dell’erba nelle mie gambe, la luna appena appena. Arriva un altro ristoro, mangio delle
mandorle, troppe, e bevo acqua, fredda. Riparto un po’ confuso, non va bene. Ascolto il mio corpo, le mandorle e l’acqua fredda non sono state una buona scelta, mi fermo e metto la giacca. Guai a prendere una congestione. Rallento per un po’, devo rimettermi in sento. Passa un oretta e ritorno a posto, per fortuna ho saputo ascoltarmi.
Gioco con la lingua ed il sasso tondo ma … mi cade dalla bocca, in mezzo all’erba. Va bene, penso che sia giusto così, mi ha aiutato fino a quando poteva. Ne prenderò un altro quando sarà il momento.
Arriviamo a Piancavallo che sto bene. Poca fatica, qualche metro ed arriviamo alla prima base vita. Una bella baita. Fuori sono 6 gradi, dentro il tepore e cibo e umanità… Mangio di tutto, sto una favola. Felice, riparto cercando le balise che sono un po’ scarne in questo punto, ma sicuramente perché sono state portate via da qualche bipede, l’organizzazione fino ad ora è stata perfetta, vorrei abbracciarli ad uno ad uno, i volontari. In breve ritrovo la via. Adesso per un po’ si cammina e si corre in una grande strada sterrata in mezzo al bosco.
Passa il tempo, bevo, mangiucchio. Ad un certo punto avverto più forte che mai il silenzio del bosco. Mi fermo, spengo la frontale ed ascolto. Silenzio, gli occhi si allargano e si muovono senza far rumore. C’è la luna giusto dietro i pini scuri a est. Si avverte forte e chiara la notte.
La notte.
Ci sono dei momenti che durano molto più di un momento. Questo è uno di quelli. Poi, capisco che è ora di ripartire. Arrivo ad un ristoro dove mi scaldo con un the. I ragazzi sono super gentili. Chiedo notizie sulla truppa, i primi sono passati ore prima. Onore al merito, ognuno al suo posto in questo mondo. Scendo rapido per una specie di scarpata terrosa. Le Cascadia non ce la fanno più, le suole sono dure, un passante dei lacci cede, dovrò cambiarle all’ottantesimo. Nessun problema, una vescica in più non ammazzerà nessuno. Arrivo al ristoro del 55esimo, sono sereno e tranquillo. Arrivo e trovo Raffaella. È un angelo ad aspettarmi.
Là vedo Enrico, si è ritirato, evidentemente non è giornata per lui. C’è anche Ezio, fermo con gli occhi bassi, capisco che la sua gara è finita qua. Mi aveva preso per il culo alla partenza perché non avevo neanche fatto in tempo ad acquistare i bastoncini, tanto la partenza era last minute. Potrei tornare la battuta…ma sarebbe cattiveria. Mi spiace vederlo fermo, leggo i suoi occhi un po’ tristi e capisco che mollare è sempre una sconfitta. Ci saranno altre occasioni. Riparto con buona lena.
Discesa ed arriviamo a Maniago che sto bene. Arrivo canticchiando, Raffaella sorride. Mi fermo ai servizi del ristoro, mangio e bevo. Ripenso a quando sono venuto qualche anno prima in quel teatro lì difronte, ad ascoltare Paolini. E poi penso ai tornei di scacchi che si fanno nel circolo lì dietro.
Si riparte subito per una salita molto ripida, mantengo un ritmo un po’ più vivace di prima ed in breve scolliniamo. Una bellezza, alba e montagne nello sfondo. Sto benone. Ringrazio mentalmente. Si corricchia nell’erba, per fortuna ho messo last second le calze alte. Non so perché l’ho fatto, io che corro sempre con le calze basse, ma è stata la scelta giusta.
Evito il massaggio delle ortiche, evito lo struscio dell’erba umida. Piccole cose che fanno la differenza. I chilometri che seguono li faccio come in tranche, senza sapere dove sono, senza coscienza “esterna” ai pensieri del momento. Il corpo va avanti quasi da solo in modo meccanico ed automatico.
E’ come se fossi in autostrada con la macchina che avanza senza curarsi della velocità o distanza percorsa. Il ritmo è tranquillo ed ad certo punto mi ritrovo a Poffabro, metà gara.
Sento un po’ la stanchezza ma quella giusta. Ho già superato il mio massimo chilometraggio, il motore funziona a bassi giri e tutto va bene. Ho fame. C’è la pasta al ragù che mi guarda, mi faccio ammaliare. Mangio. E vicino ci mangio il salmone che mi ero portato da casa. Cambio le scarpe, metto le Pegasus che, sofferenti, perderanno anche loro qualche pezzo di suola per strada. Mi asciugo e riparto.
La scelta del pasto è stato un errore (come d’altronde sapeva la mia testa ma non la mia gola) e vado incontro a due ore di passeggiata. Di correre non se ne parla. Aspetto fiducioso di digerire il malloppo fino al centesimo km più o meno.
Il garmin è già passato a miglior vita, ha un’autonomia minore di un essere umano.. penso e sorrido.
Al centesimo c’è una specie di km verticale, un dislivello di 1100 metri in tre km. Lo affronto con rispetto. È mezzogiorno e fa caldo, sudo copiosamente. Il sentiero sale e io con lui. Non mi scompongo, so che è dura ma lo è per tutti. Il primo è passato qui cinque ore fa. Mito. Si scollina e si corricchia in cresta fino ad arrivare alla baita con il ristoro. Una bella baita rifugio.
Dentro c’è di tutto, del salame mi guarda, tentatore, ma non mi faccio fregare ancora, in un’altra occasione lo avrei fatto fuori tutto e amen per i brufoli.
Sgranocchio le cose mie e sto al caldo del caminetto a godermi le persone, gli occhi, le mani, i gesti. Che bello.
Uomini in silenzio, l’aria è densa di rispetto. Riparto in discesa con un gruppetto che mi farà compagnia per un po’. Alla fine arrivo al Lago del Ciul e lì ritrovo Raffaella e Marco. Che gioia vederli. Corricchio con loro, sto bene.
Mi dicono che sto risalendo la classifica, ero 90esimo, poi 40esimo adesso sono tra i primi 30. Faccio la mia gara, questa arriva dopo l’avventura, ma mi piace prendere posizioni. Magnifico. Mangiucchio, li saluto.
Voglio riprendere il gruppetto di prima e corro con un buon ritmo. Appena li trovo mi accodo e cammino. Forse potrei osare a correre ancora, ma è la mia prima ultra, forse è meglio volare basso… Entriamo in galleria e giochiamo a evitare le pozzanghere. Arriviamo ad un ristoro e subito si riparte in discesa.
È più forte di me, allungo il passo e corro con un buon ritmo, il gruppetto rimane dietro. Prendo altri due corridori e quasi vorrei accodarmi per ri-respirare un attimo… non se ne parla, mi vogliono davanti. Li passo ed allungo. Comincio ad essere stanco, ma mentalmente sto bene.
Penso che mancano solo 50 km, sembrano tanti ma so che arriverò. Solo un infortunio potrà fermarmi.
Tramonti di sotto, 123esimo km.
C’è Cudin che serve la pasta. Avverto la serenità dell’uomo, gli chiedo consigli nutrizionali, è super gentile e mi risponde con calma, con passione.
Riparto, ma le gambe sono dure, di colpo. Che strano… Vado avanti pensando alle mie cose ed ad un certo punto capisco che non ci sono balise. C’è un bivio. Non ci sono balise. Ergo, sono sulla strada sbagliata.. Ufh. Va beh, torniamo su, correndo, in salita, con rabbia. Ritrovo la via e cammino. Oramai devo gestire le forze. Penso a Maurizio, penso alle corse sul Carso, al San Michele, penso alle mie api, faccio passare il tempo.
Di colpo arriva nuovamente. La notte. La seconda notte in giro per boschi.
Case sonnacchiose, animali nascosti. Si sente solo qualche verso di uccello. Cammino ed arrivo ad un ristoro, oramai riconosco la sagoma di Raffaella che anche lei è emozionata dal tempo passato, dalla fatica, dal sonno che però non può fermarmi. Mi aspetta. Ripropongo urlando il buon vecchio Pavarotti: “all’alba vincerò, vincerò, vinceeròò…!” ma sono le 8/9 di sera… Momenti di incredula ilarità, ma anche serenità. Che bel ristoro, tutto così umano, una vecchia casa di montagna, in pietra, un armadio ad angolo, un pavimento in cotto veneziano. Mangio e sorrido.
La stanchezza è presente ma oramai mancano un 30km e so che arrivo, che Vivaro è lì, vicino, per cui… felicità!
Me la gusto, me la godo. Riparto bello carico, gambe stanche ma cuore forte. Rimane da scendere le montagne prima dei Magredi, lo faccio veloce. I piedi soffrono le vesciche e le gambe sono in acido lattico ma è la noia la parte più dura, sono da solo da molto tempo e vorrei compagnia, una buona compagnia. Guardo il cielo e le ombre. Bello.
Trovo un ristoro e subito dopo è l’ora dei Magredi, della pietraia. Voglio compagnia, chiamo Maurizio e lo gaso, sto per arrivare, gli dico che sono stanco ma non mollerò. Lui sa che arriverò, io pure. Chiamo Cristina per dirle cosa sto facendo. Chiudo subito le chiamate, ho poca batteria, so che anche loro sono con me e con i miei sforzi. Sui Magredi siamo in tanti!
Mi fermo e cerco un sasso tondo. Non trovo quello giusto ma vedo un arbusto secco e mi metto a cercare sotto, tra le sue radici. Sì, lo trovo, un bel seme, energetico. Lo osservo e lo metto in bocca. Ritrovo vigore e riparto lento a camminare, che manca ancora un po’.
Cammino nella notte in un fiume in secca, un sabato sera un po’ diverso dal solito… Di colpo arrivano anche loro, le allucinazioni. Mentre cammino osservo le strisce bianche e rosse dei segnali del percorso, si muovono con la scarna aria della notte e subito dopo si trasformano in un uomo che si agita.
A destra invece vedo i rami di un arbusto secco muoversi e divenire braccia di persone, di bambini che si contorcono. Ma non ho paura, la mia parte cosciente osserva e registra, sono in una fase tra la veglia ed il sonno, due personalità che convivono. Sorrido. Avventura piena, non manca nulla! Oramai mancheranno solo 6/7 km…
Mi chiama Raffaella: mi verrà incontro per fare l’ultimo pezzo assieme. Bene, avrò compagnia. Sono abbastanza stanco e di correre non se ne parla nemmeno, si che il fondo è piatto e non ci sarebbero problemi in altre occasioni… Avanzo a fatica. Devo fare la pipi e non mi sposto nemmeno dal centro del percorso.
Mi fermo e mi guardo attorno. Non ci posso credere! Da dietro vedo arrivare una luce fioca sobbalzante… La frontale di uno dietro! Uno che vuole farmi le scarpe! A pochi km dalla fine… Non se ne parla, mi sistemo e riparto correndo. Non mollerò, riparto con una velocità inaspettata.
Dopo un 3/4 km trovo Raffaella che incredula mi chiede perché corro, non ero distrutto? Le spiego cosa sta succedendo, sorridiamo e assieme avanziamo con un ottimo ritmo, la luce alle nostre spalle si affievolisce fino a sparire, ma oramai non si molla, dobbiamo arrivare a Vivaro correndo!
Ed arriva l’asfalto degli ultimi 2 km, e sento la gioia arrivarmi addosso, sopra tutta l’emozione degli ultimi due giorni.
Il gonfiabile dell’arrivo è lì e ci passo sotto e mi fermo, dopo trenta ore, mi fermo.

Il giorno dopo esco dalla fabbrica e mi siedo sotto un cespuglio, appoggio per terra il pane ed il salmone avanzato dai ristori.
Guardo il San Michele, c’è un bel sole tiepido. Sorseggio il caffè e penso a Tommaso che mi diceva che dopo una 100 miglia la tua vita cambia. Credo sia vero, non lo so perché, ma credo sia così. Sono svuotato da inutili preoccupazioni.
Guardo il San Michele.
TRATTO DAL BLOG DI DAVIDE ZUGNA

martedì 4 febbraio 2014

Coppa Gorizia 2014 - 1^ prova

Pioggia e un bel venticello fresco hanno caratterizzato il 4° cross della Boschetta a Dobbia svoltosi domenica 2 febbraio 2014 e valido per la prima prova di Coppa Gorizia.
E' un inizio... 
Trio Pacai
... il "peso" dell'esperienza... non sempre "aiuta"...

Attimi prima del via
Partenza categorie SM + SM35: tutti a guardare il cronometro eh?!?!

Leitmotiv della campestre...
 Ci vuole allenamento, lo so... datemi qualche settimana... ;-)


Link sito Trofeo Provincia di Gorizia

Articolo su blog Atletica Monfalcone

Questi i risultati

Classifica per società dopo la prima prova

lunedì 27 gennaio 2014

La mia storia (sportiva) in poche parole... e alcuni consigli

Ne è passata di acqua sotto i ponti... praticamente 20 anni !!!! dall'ultima mia partecipazione come componente di una squadra di atletica.
Questo post potrebbe essere un libro di 1.000 pagine... magari un giorno lo scriverò... chissà...

In principio fu il nuoto.
Dai 3 ai 9 anni mi trovai a sguazzare nella piscina di Codroipo... ogni volta mi ritrovavo a tremar di freddo sul bordo della piscina, incollato alla scaletta, prima di iniziare e invidiavo gli altri bambini che erano già che facevano gli esercizi di galleggiamento noncuranti della forza di gravità contro cui lottavo per stare a galla... odiavo gli esercizi con la tavoletta... mi piacevano molto gli esercizi di ginnastica e di stretching prima della lezione però.
Poi, come qualsiasi bambino di paese che si rispetti, accantonate le tentazioni del ciclismo e del basket, fui introdotto al calcio...e per molto tempo non ebbi che quello. In circa 6 anni passai dal ruolo di terzino a quello del mediano... per finire come centrocampista/attaccante.
Mai un cartellino giallo.
Mai un cartellino rosso.

La mia avventura nell'atletica leggera la iniziai ufficiosamente con le campestri in prima media (esperienza traumatica... fango, pioggia e fiato a groppi), grazie a degli indimenticati professori di educazione fisica; "MAI PIU!!!" mi dissi subito dopo essere arrivato a quella prima gara, in condizioni pietose. "ANCORA!!" dissi l'anno dopo, quando arrivai tra i primi alla stessa gara!
Il terzo anno, merito del  prof. Alzetta, entrai a far parte della Libertas Fagagna chiudendo tra mille polemiche e contrasti la mia carriera da "promettente" calciatore e specializzandomi nella corsa campestre, salto in lungo, 600 m e giavellotto e sperimentando anche molte altre specialità (disco, salto in alto, 80 m, ....). La mia prima volta in pista fu un 400 m, e fu anche l'ultima.
Ricordo, ormai con un sorriso, anche le disastrose quanto azzardate partecipazioni (zero background, prima partecipazione in assoluto) in gare molto tecniche ed altrettanto importanti quali:
  • gara nazionale di marcia di un non meglio definito anno a Grado ("tu che sei bravo a correre... prova ad andare un po' a quella gara lì" ) - quella volta 4 su 5 di noi furono "sbattuti fuori" dagli arbitri severissimi... prima vera delusione... prima vera lezione
  • finali nazionali Giochi della Gioventù a Catania (anno 1990) - 100 m ostacoli: i cannoli siciliani e la visita all'anfiteatro di Taormina hanno compensato la mia scarsa prestazione agonistica.
Spedizione ai Giochi della Gioventù di Catania - III media

Sono stati anni meravigliosi che mi sono rimasti nel cuore, fatti di partecipazioni a gare nazionali e regionali, tanti amici nuovi e buone soddisfazioni sportive terminando con un modesto record regionale nelle prove multiple.
Salto in lungo - Atletica Fagagna

L'avventura proseguì poi nella Libertas Udine quando iniziai il liceo scientifico dove potei sfruttare la mia versatilità ottenendo buoni risultati a livello regionale concentrandomi soprattutto su:
  • salto in lungo (6,40 m circa)
  • giavellotto (45 m ?? )
  • salto con l'asta (3,60  m ??)
Tutto questo fino al 1992/93. Poi la mia avventura ufficiale nell'atletica leggera terminò.
Continuai la mia esperienza grazie al bagaglio tecnico accumulato negli anni, nelle gare studentesche del liceo grazie al quale riuscii a partecipare ai nazionali di corsa campestre a Pavia.
Anche l'esperienza liceale fu segnata dalla presenza di un grande professore di educazione fisica ed un esempio per tutti: il prof. Dannisi.

Nel 1996, alla chiusura del quinto anno di liceo, ottenni il riconoscimento che per 4 anni invidiai, dal mio piccolo, a ragazzi molto più bravi di me:
Alunno Marco Mansutti 
ATLETA DELL'ANNO

per me quel momento valse quanto e forse più del diploma che avrei conseguito con un po' di delusione qualche settimana più tardi; ebbe il sapore di una rivincita, di una rivalsa, una dimostrazione che la caparbietà, l'impegno e la voglia di raggiungere un obiettivo erano più forti di qualsiasi altra cosa.
Potevo ritenermi felice, completo, da quel punto di vista. Non ero più l' "eterno secondo".

In quegli anni mi dedicai anche, incuriosito, alle arti marziali, e vinsi in poco tempo il titolo nazionale Libertas di Kata nello Yoseikan Budo (cintura arancione).

Il primo anno all'università provai karate, ma era meno completo e l'impostazione era troppo rigida rispetto allo yoseikan... poi ci fu un anno di ginnastica artistica, sport che avevo sempre desiderato provare (son convinto che sarei diventato un ottimo ginnasta se avessi avuto la possibilità da piccolo di praticare questo sport); ebbi comunque anche qui qualche piccola soddisfazione (il "salto della morte", la verticale da fermo, lo slancio alla sbarra... piccole conquiste insomma).

Poi, un solitario foglio pubblicitario appeso su un muro della facoltà di economia, mi catapultò di prepotenza nell'arrampicata sportiva, passione e delirio del periodo universitario.
Interessante notare come il fisico (almeno il mio) si adatti alle caratteristiche dello sport che si pratica: dimagrii molto, le vene mi uscivano dagli avambracci, la schiena non ne parliamo...
Partecipai anche a qualche gara di bouldering (passaggi brevi ed esplosivi, più adatti al mio tipo di fisico)... mi piaceva parecchio tutto questo! Natura, divertimento, amici... insomma la "filosofia del climber"...  ma con un pizzico di agonismo. L'arrampicata poi ti permette di "sentire" molto le sensazioni del corpo... molto importanti sono il coordinamento e l'equilibrio... ma soprattutto la testa!
Approfittai infine di un corso ufficiale per diventare istruttore di arrampicata sportiva.

Climbing in "Mani di Fatima" - Trieste

Ero così rapito dall'arrampicata che arrivai a costriurmi persino il "muro" nel giardino di casa; acquistai le prese in resina, un po' di assi di legno, viti varie, un po' di olio di gomito..... et voilà! ... così mi sarei allenato anche quando non ero a Trieste.
Il muro "casalingo"
Studio, sport, amici... basta.... ah, se sapevo prima che c'erano anche le feste e gli aperitivi... ancora c'è gente che mi "rimprovera" di non aver vissuto la Trieste universitaria come avrei dovuto [...ma davvero mi son perso qualcosa? Sarei qui ora? E se anziché testa veniva croce in quel momento che mi son giocato l'Erasmus di un anno a Manchester (per mia bontà d'animo concessi ad un amico il sorteggio, nonostante avessi io il diritto di andarci).... dove sarei ora??? Avrei fatto lo stesso percorso? Avrei conosciuto comunque le persone che ora sono i pilastri della mia vita? Beh... il destino con me spesso è balordo... io dico probabilmente sì, sono convinto che non poteva essere altrimenti...]
"Il Totem" - mitica foto scattata durante una sessione di bouldering in Carnia
Dopo l'esperienza universitaria chiusi anche quella arrampicatoria, purtroppo. Trieste e gli amici erano troppo lontani e non riuscii più a sostenere il ritmo di prima, con l'ansia pure di trovarmi un lavoro ed iniziare una nuova vita.
Passò un po' di tempo ed ebbi l'opportunità di stabilirmi a Sistiana, località tra mare e carso. Qui da autodidatta ritornai alle corse, dapprima su strada... poi frequentando sempre di più il carso mi convertii al trail. Qualche intermezzo di arti marziali (Yoseikan Budo e Wushu). Tornai anche al triathlon che praticai prima nel 2003 con l'Udine Triathlon, poi passando alla squadra di Monfalcone e più di recente con il Gorizia Triathlon.
Il mio primo Triathlon Olimpico (Grado - 2003)
Triathlon Sprint - il senza cuffia in mezzo ai "mostri sacri" (Spilimbergo - 2006)
 Triathlon Sprint Trieste - 28/8/11 - cambio (un po' lentino) nuoto/bici

Anche qui i risultati erano buoni, ma il tempo da dedicare per fare bene secondo i miei parametri era troppo e misi di nuovo il triathlon nel cassetto dedicandomi in modo un po' più libero ed easy alle corse su strada o partecipando alle garette di Coppa Trieste. Discreti risultati.
Nel 2006, dopo vari mesi di allenamenti specifici, ottenni il mio primato, sulla mezza maratona sulle strade di Trieste.
Maratonina di Trieste 2006: il mio primato 1h 22' 23''

Successivamente, verso la fine del 2007, mi trasferii a Monfalcone, qualche mese di arti marziali, un po' di noiosissima palestra e poi mi dedicai a riprendere di nuovo il triathlon... ma non ero più quello di prima. Un giorno in piscina, nuotando, sentii le forze abbandonarmi... mi sentii affondare. Dopo nemmeno mezzora ed un fiatone interminabile, uscii dalla vasca... pensieroso, un po' preoccupato, testa bassa.
Ci riprovai gli allenamenti successivi, ma niente. Iniziavo a chiedermi quale fosse il senso di tutto questo "fare"... per cosa?
Ero/avevo finito? Avevo dato tutto?
Furono anni un po' bui e difficili in cui facevo molta fatica a trovare motivazioni ed obiettivi e la testa era costantemente da altre parti. Mancava la costanza, la determinazione che mi aveva sempre contraddistinto. Avevo altri pensieri... il lavoro... il futuro... il destino... insomma cose importanti... lo sport che era stato sempre davanti a tutto... ora era laddietro, in standby.
C'è sempre, per ognuno, un periodo della vita che ha queste caratteristiche... credo.
Pallavolo! Proviamoci... per un annetto feci anche parte di una squadra amatoriale di pallavolo... gli "Amicici"!!

Passai dopo qualche anno, a forza di tentativi, alle corse in natura e partecipai anche a qualche garetta in giro per l'Italia; la mia prima ultra fu la famosa Calvalcata Carsica (50 km)... scoprii un nuovo mondo, fatto di rispetto per l'ambiente e di passione vera per lo sport dove età e ordine di arrivo non importavano molto.
Il bello del trail poi, è che sono corse lunghe attraverso posti molto belli... e hai tempo di pensare, di ricordare, di parlare a te stesso e immaginare di parlare agli altri senza per forza essere matto.... è un flusso che ti esce da solo e che devi solo stare a "sentire", cercare ed accarezzare quelle cose che hai dentro e che ti sostengono durante il percorso.

E rieccoci qua, anno 2014; qualche acciacco in più, qualche dubbio... ma lo spirito è sempre lo stesso.
Non sono cambiato dentro, solo fuori un pochino.
Non sono un tipo che cambia... i valori "basali" che avevo prima, lì ho anche ora... anzi le esperienze che ho fatto nel tempo li hanno "rivisti e corretti", migliorandoli.... poi, come al solito, dico sempre che bisogna anche dimostrarli...
Ora son qua, più forte di prima, .................  e non mi riferisco al fisico.

Ora sono qui ...
... e difenderò con orgoglio e con i denti, come sempre, tutto ciò che mi è di più caro.

SPORT CHE VORREI ANCORA PROVARE (se ne avessi la possibilità e l'opportunità)
- rugby
- golf
- kitesurf
(lista non esaustiva)

NOTE E CONSIGLI - A TUTTI I GENITORI
Lo sport è importante per i vostri figli.
Toglieteli dalla TV e dai giochetti elettronici e fateli giocare all'aria aperta, fateli divertire e conoscere i valori che lo sport può far crescere in loro. Il calcio è uno dei tanti, ma ci sono molti sport adatti allo scopo... probabilmente uno per ogni età ed ogni fase della crescita.
Da piccoli consiglierei uno sport di squadra, qualsiasi; poi in funzione di ciò che piace fare e delle singole aspirazioni probabilmente decideranno loro.
Non catapultateli subito nella competizione più sfrenata, ma fateli giocare e fate crescere in loro il rispetto per gli altri innanzitutto. Siate orgogliosi della partecipazione ad una gara di vostro figlio e lasciate perdere i campanilismi e l'istigazione ad essere i migliori a danno di altri.

Voi genitori siete fondamentali per la crescita sana dei vostri figli. Perché?
Tutto quello che avete letto qua sopra è la mia esperienza, fino ad ora.
Anch'io ho mangiato merendine da piccolo, un'enormità!!... ne andavo matto... ed ero quasi un teledipendente (vabbé... con quei cartoni animati che passavano a quel tempo sarei quasi giustificato!... era un lavoro! ahah).
Ma tutto quello che avete letto qui credo non sia altro che la bellissima pianta che è nata da un seme piantato quando ero piccolo.
Questo "seme" erano le corsette a piedi in giro per i campi con mio padre... ci si fermava e si faceva stretching (stretching?? Cos'era?... io copiavo quel che faceva lui...).
Questo "seme" erano le corse con la bici da corsa che mi era stata regalata (non le gare con la playstation)... e a fianco c'era mio padre con la sua bici da corsa, in divisa... e non vedevo l'ora di togliere le rotelle dalla ruota di dietro per copiarlo...
Once upon a time...
Questo voglio dire... siate buoni esempi per i vostri figli... portarli in bar a bere aperitivi con voi e mettere loro in mano la terrina di patatine perché stiano tranquilli non è proprio un buon esempio.

mercoledì 4 dicembre 2013

Cavalcata Carsica 2013 - la straordinaria avventura di Michele

Ospito con grande piacere ed onore il bellissimo e commovente (per intenditori) racconto dell'amico Michele Piatto.
Mi ha mandato il testo ieri sera... "Pubblicalo solo se ti piace!", mi ha scritto.
E' un racconto stupendo. Vedrete.
Godetevelo...
...parola per parola...
...sensazione per sensazione...
Eccolo.
La Cavalcata Carsica arriva alla fine del calendario gregoriano, un po' dopo il San Martino della nostra memoria agricola. Arriva quando le ultime foglie cadono, le giornate si accorciano, gli animali vanno in letargo. Insomma, arriva quando il corpo avrebbe bisogno di riposo, questo mi è chiaro. Ma il fascino della Cavalcata è sottile: c'è il carso che amo e poi esprime una visione essenziale della corsa, non ci sono pettorali, premi in denaro o in natura, uno corre per se stesso. Ci si slega dalla materialità con un' attività prevalentemente fisica, 50 km su e giù per il carso. Per cui, alla fine la cavalcata si fa, si fa con qualunque meteo.

È il mio terzo anno, ma questa volta è diverso, mi sono posto un obiettivo che non è solo quello di arrivare alla fine. Essenzialmente non voglio affrontare una corsa facile, ed in fondo, quello che voglio non è correrne una difficile, ma voglio educarmi ad avere la capacità di gestire al meglio una corsa difficile.
Il mio obiettivo è ambizioso ma non impossibile: chiuderla in meno di 5 ore, con il mio allenamento questo si può fare solo se mente e corpo sono connessi.
Michele e Andrea verso Pesek
Sono le 7:30 ed a Pesek siamo in tanti ad ascoltare gli ululati della bora. Guardo la compagnia, molti sono stravestiti, qualcuno, come me, porta i pantaloni a mezza gamba, ma stranamente nessuno veste i pantaloncini corti. Possibile che  il mondo abbia già terminato di fabbricare matti? No, è che fa veramente freddo, ci sarà forse un grado e il vento soffia, soffia forte. Il sole è ancora in Slovenia. Molti di quelli presenti correranno, molti sono anche gli accompagnatori.

Tra una folata e l'altra sento una frase degli eterni ragazzi che tengono i tempi, una frase semplice ma che scalda il cuore:

El sol lo gavè in schena, se lo vedè difronte,
vol dir che gavè sbaià strada e sé mejo che tornè indrio

Mi piace, mi piace! Sembra di stare in famiglia, il clima è freddissimo ma allo stesso tempo conviviale, fra amici sconosciuti.


Siamo in tanti, qualcuno della mia società, la Fincantieri, poi Andrea con cui voglio condividere quanto posso della corsa e Fabio, il nostro amico e accompagnatore e supporter.
Foto di gruppo prima della partenza: freddo freddo, cuore caldo caldo
Le urla di incoraggiamento accompagnano il via. Enrico parte a razzo, so che ce la metterà tutta, come sempre, poi quello che verrà verrà. Io parto un po' più veloce del solito, ma non sparato, già alla prima salita mescolo la camminata alla corsa. In breve arriviamo a Grozzana e subito dopo sul Cocusso, la salita è tosta e non mi voglio bruciare, cammino. Mi passano in molti, sarò almeno trentesimo. Poi si scollina e riparto a correre e ritrovo Andrea. Il viaggio è lungo e si sta quasi sempre per boschi, ma nei pochi attraversamenti urbani non manca mai chi ci incoraggia, è bello.

Mi incuriosisce un picchio che continua il suo lavoro incurante di noi, incurante di tutto. Controllo l'orologio, il ritmo da tenere è importante per non andare fuori giri e per sapere quando mangiare. Con me ho acqua, sali e delle marmellatine. Le ho scelte per gli ingredienti: solo frutta e zucchero, non mi avvelenano il motore, per cui ok. Ma le dosi sono sufficienti solo per arrivare a Fernetti, dove sappiamo che ci aspetta il nostro accompagnatore supporter, Fabio. E a Fernetti ci arriviamo con 2 minuti di anticipo sulla tabella prevista e purtroppo Fabio non c'è. Qualche contrattempo, evidentemente,  ma adesso le cose si rendono più difficili. Il prossimo rifornimento è previsto a San Pelagio, tra altri 19 km. Ma so, che se non mangio adesso, cederò verso la fine. Andiamo avanti, corriamo, siamo qua per questo, ma devo razionare il cibo e quindi mi domando se sia meglio diminuire il ritmo o no. Invece, un imprevisto ancora, ma positivo: a Zolla sento una voce amica, è Matteo, pronto per la sua staffetta. Gli chiedo viveri, ha una bella borraccia con del Polase, ottimo, non dovevo disperare, gliene bevo mezza! Grazie Matteo, ti devo una birra.

Ripartiamo, adesso è un bel girare. Il sole illumina le carrarecce, i sentieri. La bora soffia forte, ma più che il freddo è il rumore degli alberi piegati a sentirsi chiaro. Una luce intrigante e fiabesca filtra tra le foglie.

Siamo al 25esimo km, controllo il corpo, il mio corpo,
lo voglio sentire tutto.
É presente?
Una lezione di yoga mentre si corre...

Le gambe sono a posto, stanche il giusto, i polmoni girano bene, il cuore è regolare. Mi piace sentire il leggero soffio del respiro, mi fa sentire più vivo. Forse amo la corsa per questo. Forse.

Sento che Andrea si sta staccando, devo aver aumentato il ritmo.
I pensieri corrono come le gambe.

Collegamento testa/mente, siamo collegati?
Sì?

Alle volte con la mente vorremmo che le nostre gambe girino più veloci di quanto può il corpo, a volte il contrario. Corsa come allenamento per la mente? Lo facciamo per noi? I km vanno avanti e tra un sasso e l'altro, tra un sentiero in salita ed uno in discesa penso alla corsa come palestra per la mente.  

Alla fine è un atto egoistico. Ma nel senso più puro del termine, un atto d'amore per se stessi. Poi si può farlo in compagnia, e molte volte è meglio, ma alla fin fine è un gesto privato.

Al 35esimo arriviamo a San Pelagio, mi sento bene, nessuna noia, ma dalla tabella che ho in testa sono 4 minuti in ritardo. Fabio questa volta c'è e mi passa i sali e le marmellatine.
Michele arriva a San Pelagio
Andrea arriva a San Pelagio
É una gioia vedere anche il padre di Andrea e Marco "lo scienziato". Marco è una persona che  non si può che essere felici di vedere. È sempre positivo. Riparto, ma so che se tengo questo ritmo non ce la posso fare ad arrivare sulle 5h, per cui accelero, non ho scelta. Riprendo quanti mi avevano passato durante la sosta e mi faccio due conti, oramai mancano 12 km, ma la stanchezza comincia a farsi un po' sentire. Mi domando allora se devo ascoltare il corpo che mi dice di rallentare, di camminare in salita o meno.
Penso a chi arriverà primo
e so che lo farà perchè si è sacrificato più degli altri,
perchè lo vuole!
Io non posso ambire ad arrivare primo ma voglio vedere se posso fare questa cosa con impegno, se posso arrivare sulle 5h, lo voglio? Voglio raggiungere il mio obiettivo? Non posso correre questi 12 km che mancano domani, non posso farlo quando le gambe sono riposate, quando mi farà più comodo, quando sarà facile.

No, se voglio questa cosa, devo farlo adesso,
per cui, devo stringere i denti e andare avanti...
La mente lo vuole.
Il corpo? È stanco, ma quanto stanco?
Riesco a tenere 12 km con questo ritmo?
Si, sento di si, per cui scalo marcia e aumento.

Le gambe non girano bene come mi piacerebbe ma vanno. C'è l'Ermada, la fortezza, casa di soldati. Mille pensieri. C'è una salita, ma è chiaro che non posso mollare. Durante la discesa dell'oleodotto sento un paio di crampi, non adesso, non adesso che Jamiano è lì...! rallento un pelo, bevo un po'.

Medeazza, cento memorie di guerra mi saltano in mente, ma questa è un'altra storia. Mancano meno di 4 km e il crono è sulle 4h e 35, ce la posso fare, trovo un compagno di avventura che cammina e mancano solo 2 km, mi secca passarlo adesso, lo incoraggio, ma si vede che è cotto. Vado avanti, oramai questi sentieri li conosco e non devo fermarmi a controllare la via, devo correre.

Spengo la mente. "Corri Michele, corri!!!"
CORRO!


Arrivo?
ARRIVO!!!
 
Logistica e spiegamento di mezzi presso la zona di arrivo a Iamiano

Crono a 4h 55m, lo volevo, con la mente, con il corpo.
Una sfida immateriale con me stesso, per me stesso. Sono felice, sono soddisfatto come se avessi vinto...

...perchè alla fin fine...
...HO VINTO.
  
Percorso
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