TOP RACES e PERSONAL BESTS

TOP RACES e PERSONAL BESTS
1) Sky Race Forni di Sopra (20 km, D+ 1.700 m): 2h 57' 38 '' (2007)
2) Maratonina Trieste (21 km): 1h 22' 23'' (2006)
3) Camignada poi sie' refuge - Misurina > Auronzo (30 km, D+ 1.319 m, D- 2.213): 4h 10' 06' (07/08/11)
4) Sky Race Monte Cavallo - Piancavallo (PN) - (20 km, D+ 1.650 m): 3h 54' 59'' (11/09/11)
5) Cavalcata Carsica 2011 - (50 km, D+ 1.000 m): 6h 07' (04/12/11)
6) Ecomaratona Clivius - Monteforte d'Alpone (VR) - (42 km, D+ 1.550 m): 4h 49' 12'' (22/01/12)
7) TCE (Traversata dei Colli Euganei) - Villa di Teolo (PD) - (42 km, D+ 2.000 m): 5h 37' 10'' (15/04/12) - link

RACES 2014
1) Coppa Gorizia - 1^ prova, Dobbia di Staranzano
2) Coppa Gorizia - 3^ prova, Aquileia

lunedì 10 novembre 2014

MMT, LA 100 MIGLIA DEI MAGREDI: L'AVVENTURA DI MICHELE PIATTO

Il giorno prima esco dalla fabbrica, mi siedo sotto un cespuglio e osservo il pane, le lenticchie ed i pomodori che mi ero portato da casa. Appoggio il caffè a terra, me ne voglio stare un po’ da solo ed in silenzio.
Penso alla gara che mi aspetta. 100 miglia, si chiama 100 miglia ed in italiano si traduce in 160 chilometri…in montagna, di notte, di giorno, di notte. Sono previsti 7800 metri di dislivello, 7800 su e 7800 giù. E non mi spaventano. E vorrei farli subito, per evitare di dover passare un’altra notte rigirandomi sul letto… pensando. Il meteo è buono e guardo il Carso, guardo a nord.
Tempo magnifico per correre.
Il San Michele è là, lo osservo con calma. Monte di morte per molti, per me è allenamento, ne ho rispetto e lui mi restituisce forza.
Sono già le 18:00 e siamo sulla linea di partenza. “Sogna in grande e osa fallire”. Sento lo sparo, e partiamo.
In un baleno usciamo da Vivaro ed entriamo in campagna. E subito dopo entriamo nei Magredi. I luoghi mi sono famigliari, ci sono stato a giugno in questi posti, faceva molto caldo, era un’altra cosa. Guardo attorno a me. Il tempo si ferma e mi rendo conto della fortuna che mi è capitata.
Tommaso mi ha chiamato martedì: “Vuoi il pettorale per la MMT100? Sono reduce del Tor e del Trail degli Eroi e le mie ernie chiedono un’attimo di rispetto e pace”. Ho accettato, irrazionalmente ho ascoltato il mio IO , quello che ho dentro, Lui sapeva che potevo farcela. Tommaso: “che ritmo tieni in una 80 in piano?”
Io: “mai fatta, il mio massimo è stata la Cormorultra di 3 anni fa”. Ma non voglio dire di più, magari Tommaso cambia idea. Sono sereno anche se non sono mai riuscito a correre in Luglio ed Agosto, era già tanto riuscire a mangiare e dormire… la separazione da Cristina è stata molto pesante. È stata dura, non voglio pensarci.
Irrazionalmente ho accettato perché sapevo che la possibilità di farcela era dentro di me. Il mio spirito primordiale me lo diceva, semplice no? Mi guardo attorno, steppa. A nord le montagne. Adoro questi posti. Sono fortunato e mi sento sereno… e felice. La corsa è lenta e mai faticosa.
Dentro di me riecheggiano i Litfiba, Vento: “Sono libeeroo, come il ventoo! Libeeroo!” Canto, dentro me. E ancora penso a Giovanni Lindo Ferretti: “a volte l’infelicità può essere preziosa” ed è vero, l’infelicità dei mesi precedenti mi ha spinto qua…
Si viaggia con le gambe, con la mente. Mi ritrovo a correre nel buio, il sole ci ha lasciati da un po’. Tardo l’accensione della frontale il più possibile, mi piace così tanto quel momento eterno in cui gli occhi si abituano all’oscurità, sembra di essere dei piccoli animali indifesi di fronte al cielo, sempre più scuro.
Arriviamo sul Cellina e lì mi ricordo di Maurizio che mi aveva detto quella cosa del sasso tondo. Lo cerco, sul greto del fiume asciutto da sempre. Deve essere abbastanza piccolo da stare in bocca e devo “sentirlo”. Mi fermo e lo cerco. Molti mi sorpassano, forse pensano che abbia perso qualcosa. Alla fine lo trovo. Un sasso tondo, piccolo ed energetico. Me lo guardo, lo metto in bocca e allargo le braccia, mi servirà per mettermi in sintonia con l’ambiente circostante ed in effetti così sarà.
Prima rampa, vado su, è ripida. Arrivo al ristoro, c’è Raffaella, non sapevo della sua presenza ed è bello che sia rimasta ad aspettarmi. La vedo un po’ preoccupata, forse pensa che sia in coda al gruppo per le mie difficoltà. In verità sto controllando, devo arrivare a Piancavallo riposato e non stanco.
È uno dei consigli che Tommaso mi ha dato, assieme a indicazioni su come e cosa mangiare e su come affrontare una possibile crisi: “Avrai delle crisi, forse, siediti. Rilassati e se devi mollare individua un punto preciso, più avanti in cui farlo: tipo tra due Control Point. Quando sei lì fatti una domanda: Vuoi ancora mollare? Non riesci a farne ancora un paio? La gente che abbandona crolla, dice Basta! Rompi quel meccanismo negativo, dai al tuo cervello la possibilità di modificare il pattern: questo lo fai allontanando l’uscita….Allontanandola all’infinito ma in tratti ben definiti e misurabili. Inganna il tuo cervello!”, Tommaso mi ha regalato ben più che un pettorale.
La sosta al ristoro è essenziale, mangio delle mandorle, saluto e riparto. C’è una salita e poi una lunga discesa non segnalata dalla mappa… Ma è balisata, per cui siamo ancora sul percorso, non vi sono dubbi. Le persone che sono davanti a me non mi piacciono, sento il loro respiro aggressivo ed affannato e le passo, fino ad accodarmi con due corridori che invece avverto come piacevoli.
Parlano di lavoro, ad Oslo, a Trieste, e precedenti 100 miglia… compagnia piacevole, il tempo scorre… Arriviamo in costa alla montagna. Alla nostra sinistra c’è tutta la pianura friulana. Mille luci tremolanti per l’aria umida e calda che sale nella notte blù. Silenzio interrotto solo da qualche rumore che arriva dalle valli. Non si capisce perché certi rumori siano così chiari mentre altri appaiono indistinti.
Comunque, grande pace interiore.
Il rumore dell’erba nelle mie gambe, la luna appena appena. Arriva un altro ristoro, mangio delle
mandorle, troppe, e bevo acqua, fredda. Riparto un po’ confuso, non va bene. Ascolto il mio corpo, le mandorle e l’acqua fredda non sono state una buona scelta, mi fermo e metto la giacca. Guai a prendere una congestione. Rallento per un po’, devo rimettermi in sento. Passa un oretta e ritorno a posto, per fortuna ho saputo ascoltarmi.
Gioco con la lingua ed il sasso tondo ma … mi cade dalla bocca, in mezzo all’erba. Va bene, penso che sia giusto così, mi ha aiutato fino a quando poteva. Ne prenderò un altro quando sarà il momento.
Arriviamo a Piancavallo che sto bene. Poca fatica, qualche metro ed arriviamo alla prima base vita. Una bella baita. Fuori sono 6 gradi, dentro il tepore e cibo e umanità… Mangio di tutto, sto una favola. Felice, riparto cercando le balise che sono un po’ scarne in questo punto, ma sicuramente perché sono state portate via da qualche bipede, l’organizzazione fino ad ora è stata perfetta, vorrei abbracciarli ad uno ad uno, i volontari. In breve ritrovo la via. Adesso per un po’ si cammina e si corre in una grande strada sterrata in mezzo al bosco.
Passa il tempo, bevo, mangiucchio. Ad un certo punto avverto più forte che mai il silenzio del bosco. Mi fermo, spengo la frontale ed ascolto. Silenzio, gli occhi si allargano e si muovono senza far rumore. C’è la luna giusto dietro i pini scuri a est. Si avverte forte e chiara la notte.
La notte.
Ci sono dei momenti che durano molto più di un momento. Questo è uno di quelli. Poi, capisco che è ora di ripartire. Arrivo ad un ristoro dove mi scaldo con un the. I ragazzi sono super gentili. Chiedo notizie sulla truppa, i primi sono passati ore prima. Onore al merito, ognuno al suo posto in questo mondo. Scendo rapido per una specie di scarpata terrosa. Le Cascadia non ce la fanno più, le suole sono dure, un passante dei lacci cede, dovrò cambiarle all’ottantesimo. Nessun problema, una vescica in più non ammazzerà nessuno. Arrivo al ristoro del 55esimo, sono sereno e tranquillo. Arrivo e trovo Raffaella. È un angelo ad aspettarmi.
Là vedo Enrico, si è ritirato, evidentemente non è giornata per lui. C’è anche Ezio, fermo con gli occhi bassi, capisco che la sua gara è finita qua. Mi aveva preso per il culo alla partenza perché non avevo neanche fatto in tempo ad acquistare i bastoncini, tanto la partenza era last minute. Potrei tornare la battuta…ma sarebbe cattiveria. Mi spiace vederlo fermo, leggo i suoi occhi un po’ tristi e capisco che mollare è sempre una sconfitta. Ci saranno altre occasioni. Riparto con buona lena.
Discesa ed arriviamo a Maniago che sto bene. Arrivo canticchiando, Raffaella sorride. Mi fermo ai servizi del ristoro, mangio e bevo. Ripenso a quando sono venuto qualche anno prima in quel teatro lì difronte, ad ascoltare Paolini. E poi penso ai tornei di scacchi che si fanno nel circolo lì dietro.
Si riparte subito per una salita molto ripida, mantengo un ritmo un po’ più vivace di prima ed in breve scolliniamo. Una bellezza, alba e montagne nello sfondo. Sto benone. Ringrazio mentalmente. Si corricchia nell’erba, per fortuna ho messo last second le calze alte. Non so perché l’ho fatto, io che corro sempre con le calze basse, ma è stata la scelta giusta.
Evito il massaggio delle ortiche, evito lo struscio dell’erba umida. Piccole cose che fanno la differenza. I chilometri che seguono li faccio come in tranche, senza sapere dove sono, senza coscienza “esterna” ai pensieri del momento. Il corpo va avanti quasi da solo in modo meccanico ed automatico.
E’ come se fossi in autostrada con la macchina che avanza senza curarsi della velocità o distanza percorsa. Il ritmo è tranquillo ed ad certo punto mi ritrovo a Poffabro, metà gara.
Sento un po’ la stanchezza ma quella giusta. Ho già superato il mio massimo chilometraggio, il motore funziona a bassi giri e tutto va bene. Ho fame. C’è la pasta al ragù che mi guarda, mi faccio ammaliare. Mangio. E vicino ci mangio il salmone che mi ero portato da casa. Cambio le scarpe, metto le Pegasus che, sofferenti, perderanno anche loro qualche pezzo di suola per strada. Mi asciugo e riparto.
La scelta del pasto è stato un errore (come d’altronde sapeva la mia testa ma non la mia gola) e vado incontro a due ore di passeggiata. Di correre non se ne parla. Aspetto fiducioso di digerire il malloppo fino al centesimo km più o meno.
Il garmin è già passato a miglior vita, ha un’autonomia minore di un essere umano.. penso e sorrido.
Al centesimo c’è una specie di km verticale, un dislivello di 1100 metri in tre km. Lo affronto con rispetto. È mezzogiorno e fa caldo, sudo copiosamente. Il sentiero sale e io con lui. Non mi scompongo, so che è dura ma lo è per tutti. Il primo è passato qui cinque ore fa. Mito. Si scollina e si corricchia in cresta fino ad arrivare alla baita con il ristoro. Una bella baita rifugio.
Dentro c’è di tutto, del salame mi guarda, tentatore, ma non mi faccio fregare ancora, in un’altra occasione lo avrei fatto fuori tutto e amen per i brufoli.
Sgranocchio le cose mie e sto al caldo del caminetto a godermi le persone, gli occhi, le mani, i gesti. Che bello.
Uomini in silenzio, l’aria è densa di rispetto. Riparto in discesa con un gruppetto che mi farà compagnia per un po’. Alla fine arrivo al Lago del Ciul e lì ritrovo Raffaella e Marco. Che gioia vederli. Corricchio con loro, sto bene.
Mi dicono che sto risalendo la classifica, ero 90esimo, poi 40esimo adesso sono tra i primi 30. Faccio la mia gara, questa arriva dopo l’avventura, ma mi piace prendere posizioni. Magnifico. Mangiucchio, li saluto.
Voglio riprendere il gruppetto di prima e corro con un buon ritmo. Appena li trovo mi accodo e cammino. Forse potrei osare a correre ancora, ma è la mia prima ultra, forse è meglio volare basso… Entriamo in galleria e giochiamo a evitare le pozzanghere. Arriviamo ad un ristoro e subito si riparte in discesa.
È più forte di me, allungo il passo e corro con un buon ritmo, il gruppetto rimane dietro. Prendo altri due corridori e quasi vorrei accodarmi per ri-respirare un attimo… non se ne parla, mi vogliono davanti. Li passo ed allungo. Comincio ad essere stanco, ma mentalmente sto bene.
Penso che mancano solo 50 km, sembrano tanti ma so che arriverò. Solo un infortunio potrà fermarmi.
Tramonti di sotto, 123esimo km.
C’è Cudin che serve la pasta. Avverto la serenità dell’uomo, gli chiedo consigli nutrizionali, è super gentile e mi risponde con calma, con passione.
Riparto, ma le gambe sono dure, di colpo. Che strano… Vado avanti pensando alle mie cose ed ad un certo punto capisco che non ci sono balise. C’è un bivio. Non ci sono balise. Ergo, sono sulla strada sbagliata.. Ufh. Va beh, torniamo su, correndo, in salita, con rabbia. Ritrovo la via e cammino. Oramai devo gestire le forze. Penso a Maurizio, penso alle corse sul Carso, al San Michele, penso alle mie api, faccio passare il tempo.
Di colpo arriva nuovamente. La notte. La seconda notte in giro per boschi.
Case sonnacchiose, animali nascosti. Si sente solo qualche verso di uccello. Cammino ed arrivo ad un ristoro, oramai riconosco la sagoma di Raffaella che anche lei è emozionata dal tempo passato, dalla fatica, dal sonno che però non può fermarmi. Mi aspetta. Ripropongo urlando il buon vecchio Pavarotti: “all’alba vincerò, vincerò, vinceeròò…!” ma sono le 8/9 di sera… Momenti di incredula ilarità, ma anche serenità. Che bel ristoro, tutto così umano, una vecchia casa di montagna, in pietra, un armadio ad angolo, un pavimento in cotto veneziano. Mangio e sorrido.
La stanchezza è presente ma oramai mancano un 30km e so che arrivo, che Vivaro è lì, vicino, per cui… felicità!
Me la gusto, me la godo. Riparto bello carico, gambe stanche ma cuore forte. Rimane da scendere le montagne prima dei Magredi, lo faccio veloce. I piedi soffrono le vesciche e le gambe sono in acido lattico ma è la noia la parte più dura, sono da solo da molto tempo e vorrei compagnia, una buona compagnia. Guardo il cielo e le ombre. Bello.
Trovo un ristoro e subito dopo è l’ora dei Magredi, della pietraia. Voglio compagnia, chiamo Maurizio e lo gaso, sto per arrivare, gli dico che sono stanco ma non mollerò. Lui sa che arriverò, io pure. Chiamo Cristina per dirle cosa sto facendo. Chiudo subito le chiamate, ho poca batteria, so che anche loro sono con me e con i miei sforzi. Sui Magredi siamo in tanti!
Mi fermo e cerco un sasso tondo. Non trovo quello giusto ma vedo un arbusto secco e mi metto a cercare sotto, tra le sue radici. Sì, lo trovo, un bel seme, energetico. Lo osservo e lo metto in bocca. Ritrovo vigore e riparto lento a camminare, che manca ancora un po’.
Cammino nella notte in un fiume in secca, un sabato sera un po’ diverso dal solito… Di colpo arrivano anche loro, le allucinazioni. Mentre cammino osservo le strisce bianche e rosse dei segnali del percorso, si muovono con la scarna aria della notte e subito dopo si trasformano in un uomo che si agita.
A destra invece vedo i rami di un arbusto secco muoversi e divenire braccia di persone, di bambini che si contorcono. Ma non ho paura, la mia parte cosciente osserva e registra, sono in una fase tra la veglia ed il sonno, due personalità che convivono. Sorrido. Avventura piena, non manca nulla! Oramai mancheranno solo 6/7 km…
Mi chiama Raffaella: mi verrà incontro per fare l’ultimo pezzo assieme. Bene, avrò compagnia. Sono abbastanza stanco e di correre non se ne parla nemmeno, si che il fondo è piatto e non ci sarebbero problemi in altre occasioni… Avanzo a fatica. Devo fare la pipi e non mi sposto nemmeno dal centro del percorso.
Mi fermo e mi guardo attorno. Non ci posso credere! Da dietro vedo arrivare una luce fioca sobbalzante… La frontale di uno dietro! Uno che vuole farmi le scarpe! A pochi km dalla fine… Non se ne parla, mi sistemo e riparto correndo. Non mollerò, riparto con una velocità inaspettata.
Dopo un 3/4 km trovo Raffaella che incredula mi chiede perché corro, non ero distrutto? Le spiego cosa sta succedendo, sorridiamo e assieme avanziamo con un ottimo ritmo, la luce alle nostre spalle si affievolisce fino a sparire, ma oramai non si molla, dobbiamo arrivare a Vivaro correndo!
Ed arriva l’asfalto degli ultimi 2 km, e sento la gioia arrivarmi addosso, sopra tutta l’emozione degli ultimi due giorni.
Il gonfiabile dell’arrivo è lì e ci passo sotto e mi fermo, dopo trenta ore, mi fermo.

Il giorno dopo esco dalla fabbrica e mi siedo sotto un cespuglio, appoggio per terra il pane ed il salmone avanzato dai ristori.
Guardo il San Michele, c’è un bel sole tiepido. Sorseggio il caffè e penso a Tommaso che mi diceva che dopo una 100 miglia la tua vita cambia. Credo sia vero, non lo so perché, ma credo sia così. Sono svuotato da inutili preoccupazioni.
Guardo il San Michele.
TRATTO DAL BLOG DI DAVIDE ZUGNA

martedì 4 febbraio 2014

Coppa Gorizia 2014 - 1^ prova

Pioggia e un bel venticello fresco hanno caratterizzato il 4° cross della Boschetta a Dobbia svoltosi domenica 2 febbraio 2014 e valido per la prima prova di Coppa Gorizia.
E' un inizio... 
Trio Pacai
... il "peso" dell'esperienza... non sempre "aiuta"...

Attimi prima del via
Partenza categorie SM + SM35: tutti a guardare il cronometro eh?!?!

Leitmotiv della campestre...
 Ci vuole allenamento, lo so... datemi qualche settimana... ;-)


Link sito Trofeo Provincia di Gorizia

Articolo su blog Atletica Monfalcone

Questi i risultati

Classifica per società dopo la prima prova

lunedì 27 gennaio 2014

La mia storia (sportiva) in poche parole... e alcuni consigli

Ne è passata di acqua sotto i ponti... praticamente 20 anni !!!! dall'ultima mia partecipazione come componente di una squadra di atletica.
Questo post potrebbe essere un libro di 1.000 pagine... magari un giorno lo scriverò... chissà...

In principio fu il nuoto.
Dai 3 ai 9 anni mi trovai a sguazzare nella piscina di Codroipo... ogni volta mi ritrovavo a tremar di freddo sul bordo della piscina, incollato alla scaletta, prima di iniziare e invidiavo gli altri bambini che erano già che facevano gli esercizi di galleggiamento noncuranti della forza di gravità contro cui lottavo per stare a galla... odiavo gli esercizi con la tavoletta... mi piacevano molto gli esercizi di ginnastica e di stretching prima della lezione però.
Poi, come qualsiasi bambino di paese che si rispetti, accantonate le tentazioni del ciclismo e del basket, fui introdotto al calcio...e per molto tempo non ebbi che quello. In circa 6 anni passai dal ruolo di terzino a quello del mediano... per finire come centrocampista/attaccante.
Mai un cartellino giallo.
Mai un cartellino rosso.

La mia avventura nell'atletica leggera la iniziai ufficiosamente con le campestri in prima media (esperienza traumatica... fango, pioggia e fiato a groppi), grazie a degli indimenticati professori di educazione fisica; "MAI PIU!!!" mi dissi subito dopo essere arrivato a quella prima gara, in condizioni pietose. "ANCORA!!" dissi l'anno dopo, quando arrivai tra i primi alla stessa gara!
Il terzo anno, merito del  prof. Alzetta, entrai a far parte della Libertas Fagagna chiudendo tra mille polemiche e contrasti la mia carriera da "promettente" calciatore e specializzandomi nella corsa campestre, salto in lungo, 600 m e giavellotto e sperimentando anche molte altre specialità (disco, salto in alto, 80 m, ....). La mia prima volta in pista fu un 400 m, e fu anche l'ultima.
Ricordo, ormai con un sorriso, anche le disastrose quanto azzardate partecipazioni (zero background, prima partecipazione in assoluto) in gare molto tecniche ed altrettanto importanti quali:
  • gara nazionale di marcia di un non meglio definito anno a Grado ("tu che sei bravo a correre... prova ad andare un po' a quella gara lì" ) - quella volta 4 su 5 di noi furono "sbattuti fuori" dagli arbitri severissimi... prima vera delusione... prima vera lezione
  • finali nazionali Giochi della Gioventù a Catania (anno 1990) - 100 m ostacoli: i cannoli siciliani e la visita all'anfiteatro di Taormina hanno compensato la mia scarsa prestazione agonistica.
Spedizione ai Giochi della Gioventù di Catania - III media

Sono stati anni meravigliosi che mi sono rimasti nel cuore, fatti di partecipazioni a gare nazionali e regionali, tanti amici nuovi e buone soddisfazioni sportive terminando con un modesto record regionale nelle prove multiple.
Salto in lungo - Atletica Fagagna

L'avventura proseguì poi nella Libertas Udine quando iniziai il liceo scientifico dove potei sfruttare la mia versatilità ottenendo buoni risultati a livello regionale concentrandomi soprattutto su:
  • salto in lungo (6,40 m circa)
  • giavellotto (45 m ?? )
  • salto con l'asta (3,60  m ??)
Tutto questo fino al 1992/93. Poi la mia avventura ufficiale nell'atletica leggera terminò.
Continuai la mia esperienza grazie al bagaglio tecnico accumulato negli anni, nelle gare studentesche del liceo grazie al quale riuscii a partecipare ai nazionali di corsa campestre a Pavia.
Anche l'esperienza liceale fu segnata dalla presenza di un grande professore di educazione fisica ed un esempio per tutti: il prof. Dannisi.

Nel 1996, alla chiusura del quinto anno di liceo, ottenni il riconoscimento che per 4 anni invidiai, dal mio piccolo, a ragazzi molto più bravi di me:
Alunno Marco Mansutti 
ATLETA DELL'ANNO

per me quel momento valse quanto e forse più del diploma che avrei conseguito con un po' di delusione qualche settimana più tardi; ebbe il sapore di una rivincita, di una rivalsa, una dimostrazione che la caparbietà, l'impegno e la voglia di raggiungere un obiettivo erano più forti di qualsiasi altra cosa.
Potevo ritenermi felice, completo, da quel punto di vista. Non ero più l' "eterno secondo".

In quegli anni mi dedicai anche, incuriosito, alle arti marziali, e vinsi in poco tempo il titolo nazionale Libertas di Kata nello Yoseikan Budo (cintura arancione).

Il primo anno all'università provai karate, ma era meno completo e l'impostazione era troppo rigida rispetto allo yoseikan... poi ci fu un anno di ginnastica artistica, sport che avevo sempre desiderato provare (son convinto che sarei diventato un ottimo ginnasta se avessi avuto la possibilità da piccolo di praticare questo sport); ebbi comunque anche qui qualche piccola soddisfazione (il "salto della morte", la verticale da fermo, lo slancio alla sbarra... piccole conquiste insomma).

Poi, un solitario foglio pubblicitario appeso su un muro della facoltà di economia, mi catapultò di prepotenza nell'arrampicata sportiva, passione e delirio del periodo universitario.
Interessante notare come il fisico (almeno il mio) si adatti alle caratteristiche dello sport che si pratica: dimagrii molto, le vene mi uscivano dagli avambracci, la schiena non ne parliamo...
Partecipai anche a qualche gara di bouldering (passaggi brevi ed esplosivi, più adatti al mio tipo di fisico)... mi piaceva parecchio tutto questo! Natura, divertimento, amici... insomma la "filosofia del climber"...  ma con un pizzico di agonismo. L'arrampicata poi ti permette di "sentire" molto le sensazioni del corpo... molto importanti sono il coordinamento e l'equilibrio... ma soprattutto la testa!
Approfittai infine di un corso ufficiale per diventare istruttore di arrampicata sportiva.

Climbing in "Mani di Fatima" - Trieste

Ero così rapito dall'arrampicata che arrivai a costriurmi persino il "muro" nel giardino di casa; acquistai le prese in resina, un po' di assi di legno, viti varie, un po' di olio di gomito..... et voilà! ... così mi sarei allenato anche quando non ero a Trieste.
Il muro "casalingo"
Studio, sport, amici... basta.... ah, se sapevo prima che c'erano anche le feste e gli aperitivi... ancora c'è gente che mi "rimprovera" di non aver vissuto la Trieste universitaria come avrei dovuto [...ma davvero mi son perso qualcosa? Sarei qui ora? E se anziché testa veniva croce in quel momento che mi son giocato l'Erasmus di un anno a Manchester (per mia bontà d'animo concessi ad un amico il sorteggio, nonostante avessi io il diritto di andarci).... dove sarei ora??? Avrei fatto lo stesso percorso? Avrei conosciuto comunque le persone che ora sono i pilastri della mia vita? Beh... il destino con me spesso è balordo... io dico probabilmente sì, sono convinto che non poteva essere altrimenti...]
"Il Totem" - mitica foto scattata durante una sessione di bouldering in Carnia
Dopo l'esperienza universitaria chiusi anche quella arrampicatoria, purtroppo. Trieste e gli amici erano troppo lontani e non riuscii più a sostenere il ritmo di prima, con l'ansia pure di trovarmi un lavoro ed iniziare una nuova vita.
Passò un po' di tempo ed ebbi l'opportunità di stabilirmi a Sistiana, località tra mare e carso. Qui da autodidatta ritornai alle corse, dapprima su strada... poi frequentando sempre di più il carso mi convertii al trail. Qualche intermezzo di arti marziali (Yoseikan Budo e Wushu). Tornai anche al triathlon che praticai prima nel 2003 con l'Udine Triathlon, poi passando alla squadra di Monfalcone e più di recente con il Gorizia Triathlon.
Il mio primo Triathlon Olimpico (Grado - 2003)
Triathlon Sprint - il senza cuffia in mezzo ai "mostri sacri" (Spilimbergo - 2006)
 Triathlon Sprint Trieste - 28/8/11 - cambio (un po' lentino) nuoto/bici

Anche qui i risultati erano buoni, ma il tempo da dedicare per fare bene secondo i miei parametri era troppo e misi di nuovo il triathlon nel cassetto dedicandomi in modo un po' più libero ed easy alle corse su strada o partecipando alle garette di Coppa Trieste. Discreti risultati.
Nel 2006, dopo vari mesi di allenamenti specifici, ottenni il mio primato, sulla mezza maratona sulle strade di Trieste.
Maratonina di Trieste 2006: il mio primato 1h 22' 23''

Successivamente, verso la fine del 2007, mi trasferii a Monfalcone, qualche mese di arti marziali, un po' di noiosissima palestra e poi mi dedicai a riprendere di nuovo il triathlon... ma non ero più quello di prima. Un giorno in piscina, nuotando, sentii le forze abbandonarmi... mi sentii affondare. Dopo nemmeno mezzora ed un fiatone interminabile, uscii dalla vasca... pensieroso, un po' preoccupato, testa bassa.
Ci riprovai gli allenamenti successivi, ma niente. Iniziavo a chiedermi quale fosse il senso di tutto questo "fare"... per cosa?
Ero/avevo finito? Avevo dato tutto?
Furono anni un po' bui e difficili in cui facevo molta fatica a trovare motivazioni ed obiettivi e la testa era costantemente da altre parti. Mancava la costanza, la determinazione che mi aveva sempre contraddistinto. Avevo altri pensieri... il lavoro... il futuro... il destino... insomma cose importanti... lo sport che era stato sempre davanti a tutto... ora era laddietro, in standby.
C'è sempre, per ognuno, un periodo della vita che ha queste caratteristiche... credo.
Pallavolo! Proviamoci... per un annetto feci anche parte di una squadra amatoriale di pallavolo... gli "Amicici"!!

Passai dopo qualche anno, a forza di tentativi, alle corse in natura e partecipai anche a qualche garetta in giro per l'Italia; la mia prima ultra fu la famosa Calvalcata Carsica (50 km)... scoprii un nuovo mondo, fatto di rispetto per l'ambiente e di passione vera per lo sport dove età e ordine di arrivo non importavano molto.
Il bello del trail poi, è che sono corse lunghe attraverso posti molto belli... e hai tempo di pensare, di ricordare, di parlare a te stesso e immaginare di parlare agli altri senza per forza essere matto.... è un flusso che ti esce da solo e che devi solo stare a "sentire", cercare ed accarezzare quelle cose che hai dentro e che ti sostengono durante il percorso.

E rieccoci qua, anno 2014; qualche acciacco in più, qualche dubbio... ma lo spirito è sempre lo stesso.
Non sono cambiato dentro, solo fuori un pochino.
Non sono un tipo che cambia... i valori "basali" che avevo prima, lì ho anche ora... anzi le esperienze che ho fatto nel tempo li hanno "rivisti e corretti", migliorandoli.... poi, come al solito, dico sempre che bisogna anche dimostrarli...
Ora son qua, più forte di prima, .................  e non mi riferisco al fisico.

Ora sono qui ...
... e difenderò con orgoglio e con i denti, come sempre, tutto ciò che mi è di più caro.

SPORT CHE VORREI ANCORA PROVARE (se ne avessi la possibilità e l'opportunità)
- rugby
- golf
- kitesurf
(lista non esaustiva)

NOTE E CONSIGLI - A TUTTI I GENITORI
Lo sport è importante per i vostri figli.
Toglieteli dalla TV e dai giochetti elettronici e fateli giocare all'aria aperta, fateli divertire e conoscere i valori che lo sport può far crescere in loro. Il calcio è uno dei tanti, ma ci sono molti sport adatti allo scopo... probabilmente uno per ogni età ed ogni fase della crescita.
Da piccoli consiglierei uno sport di squadra, qualsiasi; poi in funzione di ciò che piace fare e delle singole aspirazioni probabilmente decideranno loro.
Non catapultateli subito nella competizione più sfrenata, ma fateli giocare e fate crescere in loro il rispetto per gli altri innanzitutto. Siate orgogliosi della partecipazione ad una gara di vostro figlio e lasciate perdere i campanilismi e l'istigazione ad essere i migliori a danno di altri.

Voi genitori siete fondamentali per la crescita sana dei vostri figli. Perché?
Tutto quello che avete letto qua sopra è la mia esperienza, fino ad ora.
Anch'io ho mangiato merendine da piccolo, un'enormità!!... ne andavo matto... ed ero quasi un teledipendente (vabbé... con quei cartoni animati che passavano a quel tempo sarei quasi giustificato!... era un lavoro! ahah).
Ma tutto quello che avete letto qui credo non sia altro che la bellissima pianta che è nata da un seme piantato quando ero piccolo.
Questo "seme" erano le corsette a piedi in giro per i campi con mio padre... ci si fermava e si faceva stretching (stretching?? Cos'era?... io copiavo quel che faceva lui...).
Questo "seme" erano le corse con la bici da corsa che mi era stata regalata (non le gare con la playstation)... e a fianco c'era mio padre con la sua bici da corsa, in divisa... e non vedevo l'ora di togliere le rotelle dalla ruota di dietro per copiarlo...
Once upon a time...
Questo voglio dire... siate buoni esempi per i vostri figli... portarli in bar a bere aperitivi con voi e mettere loro in mano la terrina di patatine perché stiano tranquilli non è proprio un buon esempio.